Simona Taborro, autore.

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Chi sono? È sempre difficile descriversi, ogni volta che ci si prova si scopre di essere sempre altro rispetto a quanto si è affermato. Ogni affermazione porta con sé la propria negazione per riaffermare nuovamente che sono viva, in divenire.

Il motore di questa fuga da me, dal sé fermo immobile, nel mio caso è la curiosità. Una curiosità che mi porta ad essere temeraria, insolente, indolente verso ogni confine. Ogni confine: disciplinare, geografico, morale, per me è sempre una porta, una soglia nella quale affacciarsi per vedere cosa ci sia dall'altra parte.

Cosa mi interessa? Cosa mi piace? Ecco questo è forse il modo migliore per descrivermi. Mi piace leggere. Questa sì che è una costante. Mi piace leggere: perché mi permette di entrare in altre vite, in altre storie (nel caso dei romanzi o dei manga); perché mi permette di alimentarmi di altri pensieri, di altri punti di vista, di altre riflessioni (nel caso dei saggi). Trovo che ogni buona lettura (e con buona non intendo solo quelle considerate “alte”) debba seguirti nella vita. Non che debbano contenere prescrizioni per il buon vivere, ma che ci siano nelle situazioni più disparate, che siano presenti allo stesso modo delle esperienze comunemente dette.

Avviciniamoci ancora un po'. Ecco lì Kafka, quell'omino piccolo, semplice impiegato, straniero nella propria lingua che è divenuto aggettivo (kafkiano): ovunque, nella nostra società, si tende al nome proprio, all'individualità singolare... qui siamo all'individualità universale. Per concatenamento, con una piccola “e”, mi viene in mente un altro semplice impiegato, Bartebly, lo scrivano raccontato da Melville con il suo “ho preferenza di no” che pone qualcosa di diverso da un rifiuto, la sua è una preferenza che possiede tutta la forza del volere, del desiderare. E (di nuovo una “e” che unisce creando un altro percorso senza che i precedenti siano né finiti, né deviati) Deleuze, che ha scritto di entrambi, di Kafka come autore di una letteratura minore e di Bartebly e la creazione, ma che scrive di deterritorializzazione, di divenire (divenire-donna, divenire-animale, divenire-folle, etc.), di cultura come patchwork. Ed ecco un altro tassello da aggiungere a questa descrizione di me. La passione, ma anche tanta curiosità verso ciò che è manuale. Il patchwork, questa tecnica antica di unire pezze di vari tessuti tra loro per crearne uno totalmente nuovo; dove il tagliare (il disunire) non è meno importante del cucire (unire), dove solo il pensare altro permette di creare qualcosa di piacevole. Ma anche la maglia e l'uncinetto in cui da un unico filo si creano superfici sempre diverse, reti.

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