Anatomia di una casa editrice

di Sara Meddi


pacchetti

 

L'Orma è una nuova casa editrice romana che sta riscuotendo il plauso degli addetti ai lavori e dei lettori. Uno dei fondatori è Lorenzo Flabbi, con il quale ripercorriamo il progetto, alle collane con i primi libri in uscita. Una sfida editoriale che si sta dimostrando vincente...

 

La prima domanda è ovviamente banalissima ma essenziale, ed è “perché”? Perché aprire una nuova casa editrice?

Questo è stato un progetto lungamente covato tra me e Marco, il mio socio. Abbiamo vissuto a lungo fuori dall’Italia e abbiamo iniziato a pensarci mentre vivevamo assieme a Berlino. Ci sono almeno due forti motivazioni diverse: una è di natura esistenziale, ovvero è il tentativo di condividere all’esterno il rapporto tra me e Marco. Noi siamo due uomini di lettere, legati da un rapporto di amicizia molto raro e l’idea che ciò che passava attraverso le nostre conversazioni si sarebbe potuto tramutare in qualcosa di condivisibile ha cominciato a prendere forma nell’idea della casa editrice. Editorialmente abbiamo già lavorato in altri campi, entrambi traducendo, io dirigo una collana di saggi di letteratura comparata per Le lettere che si chiama “SguardoMobile” alla quale lavora anche Marco. E proprio mentre stavamo lavorando a uno dei saggi per “SguardoMobile”, che è L’idiota di Paolo Febbraro, ci siamo accorti di come questa elaborazione intellettuale aperta anche a Paolo diventasse ancora più fertile. Quindi per noi la casa editrice è un modo di fare ricerca collettivamente e questo mi porta alla seconda motivazione. Noi pensiamo che ci sia necessità di fare ricerca su progetti culturali di spessore, e questo a dispetto magari dell’idea secondo la quale in Italia sia in atto una desertificazione culturale e a dispetto degli indici di vendita dei libri. Per un prodotto culturale come L’Orma pensiamo che ci sia ancora spazio perché non andiamo a inseguire un’idea mainstream della cultura, anzi forse una delle nostre sfide principali è quella di tentare di non avere idee ricevute. La rottura degli stereotipi è per me una missione esistenziale che vale una vita, chi dice che negli stereotipi c’è sempre un fondo di verità mente, anzi gli stereotipi veicolano molto spesso posizioni reazionarie. La casa editrice ti dà davvero la possibilità di rompere questi stereotipi, fare l’editore ti dà la possibilità di mettere in discussione tutte le idee ricevute, anche le tue.

 

Molto concretamente su cosa è nata la casa editrice… c’è stato un progetto, un autore? Qual è stata la prima pietra?

Avevamo una tale compressione di voglia di fare per cui da un unico “parto creativo” è nata una casa editrice che sarà più composta di come è adesso e di come sarà nei primi tre anni. Ci interessava la letteratura “di lingua” più che “di trama”, per noi è molto importante il modo in cui si dice una cosa. La nostra fisionomia è letteraria, e adesso è di letteratura francese e tedesca e così resterà per un po’ di tempo. Però già solo questo perimetro è declinabile nelle collane che abbiamo già lanciato. “Kreuzville” si occupa di letteratura contemporanea, con “Le Omnie” ci volevamo confrontare con un lavoro accademico e di spessore, infatti partirà l’opera omnia di Hoffmann tra un paio di mesi, i “Pacchetti” sono invece dei brevi epistolari e sono in libreria già da fine novembre. Quindi non c’è una sola collana dalla quale siamo partiti, c’è stata una compressione di idee.

 

I “Pacchetti” mi piacciono moltissimo, ti dico la verità, ma proprio tanto tanto tanto. Come sono nati e come si è svolta la raccolta del materiale? Non è proprio banale fare una selezione tra le lettere di Leopardi di quelle che parlano della felicità…

Intanto posso dirti con precisione dove è nata la collana… a Berlino, su un divano blu e uno blu scuro. Io e Marco eravamo appunto nella nostra casa a Berlino e parlando lì, su quei due divani, è nata l’idea dei libri con la sovracoperta, da affrancare e da spedire. Abbiamo detto “Ma se invece ci fossero delle alette anche qui che si chiudono…”, quindi era nata come idea per i libri più grossi, all’inizio l’idea era quella dei “Pacchi” da declinare poi anche nei “Pacchetti”. Come possibile primo libro per questi “Pacchi” avevamo pensato a un romanzo epistolare Le relazioni pericolose, così il contenuto epistolare sarebbe andato insieme alla forma epistolare. E la collana andava a rispondere anche a quella necessità di comunicazione di cui ti parlavo prima. La scrittura romanzesca può avere come destinatario anche lo scrittore stesso mentre un epistolario ha per forza un destinatario, e così torniamo all’idea della letteratura come darsi. Quando abbiamo iniziato a buttare giù i titoli e i nomi quello di Leopardi andava incontro all’idea di rompere i luoghi comuni, come dicevamo prima. Leopardi è uno dei più grandi uomini della cultura italiana e mondiale, e di Leopardi esiste un canone scolastico molto banalizzante che interpreta Leopardi come emblema stesso di un’idea “triste” della letteratura. Leopardi non si può certo dire che sia un’ottimista però era un uomo animato da un’ardente concezione della vita e il titolo che abbiamo scelto, Con pieno spargimento di cuore, è molto fedele a uno spirito leopardiano. Prendere nel vastissimo epistolario di Leopardi delle lettere in cui si parlava della felicità in senso new-age era impossibile però farsi spiegare da un uomo di quella intensità di pensieri e di emozioni cosa sia la felicità è molto più interessante che farselo spiegare da una persona che ha un perimetro esistenziale molto più stretto.

 

Avete scelto prima gli autori o prima il tema?

Prima gli autori. Gramsci che parla dello studio è molto vicino alla nostra idea di Gramsci però prendere come primi due italiani Leopardi e Gramsci non è casuale. Dovendo sceglierne due direi che sono i due più grandi pensatori della modernità italiana. Anche per Baudelaire e Nietzsche… prima gli autori, sì.

 

“Tradurre in Italia quello che si muove in Europa”, è questo lo slogan della casa editrice. Cosa si muove in Europa?

La risposta sta nel nome che abbiamo dato alla collana, “Kreuzville”, che è la fusione tra il nome di due quartieri Kreuzberg a Berlino e Belleville a Parigi. Quartieri scelti non a caso ovviamente e nemmeno le città. Parigi è stata la capitale culturale d’Europa per tutti il XIX secolo, Berlino è la città che più di chiunque altra rappresenta la storia tragica ma anche di grandi risollevamento del XX secolo. Però questi due quartieri, Kreuzberg e Belleville, sono due quartieri in un certo senso molto poco francesi e molto poco tedeschi, sono due quartieri di stratificazione culturale e di grande vitalità, qui ci sono dei miscugli di cultura che non sono dei grumi attaccati l’uno all’altro ma che sono già in sé una nuova realtà, che è quella in cui noi viviamo già adesso e che tra dieci anni vivremmo ancora di più. Pensa all’Esquilino qui vicino. Quindi ci interessava vedere quali fossero i risultati di questa stratificazione senza dire “bene” o “male” ma “questo è quello che sta succedendo”.

 

Che autori avete scelto?

Il primo autore che abbiamo pubblicato è basco-francese, ambienta il suo libro a Belleville ed ha come tema dominante quello del “diverso” inteso come un “diverso pericoloso”. Quindi ci sono queste persone con un gruppo sanguigno diverso che vengono considerate portatrici di un’epidemia… oltre al valore letterario il tema del “diverso” è quello che ci ha convinto.

I due libri che abbiamo in uscita adesso, La ragazza di Angelika Klüssendorf e La petite di Michèle Halberstadt, sono due libri che affrontano il tema dell’infanzia, ci sono due ragazzine che in modo molto diverso affrontano il percorso per diventare donna, sono due romanzi di formazione.

 

Siete in libreria da pochi mesi, avete già avuto modo di vedere un riscontro da parte dei lettori…

Abbiamo avuto un’accoglienza assolutamente sorprendente, in positivo, rispetto anche alle nostre stesse previsioni. Andando così a confermare il nostro sospetto che ci fosse il desiderio di un progetto di questo tipo. In Italia c’è tanta voglia di cose belle. C’è tanta gente, non maggioritaria certo, ma tanta gente che è molto colta e molto intelligente. Parliamo spesso della fuga dei cervelli come se tutti i cervelli se ne fossero andati via e invece c’è un sacco di gente intelligente. E l’accoglienza festosa che L’Orma ha ricevuto, nel nostro piccolo certamente, è una dimostrazione di questo. Abbiamo fin da subito un’ottima accoglienza da parte della stampa e poi da parte per esempio della distribuzione, tra i distributori un progetto come il nostro che i più disincantati avrebbero potuto pensare essere senza futuro ha riscosso invece molto successo, tanto che ci siamo trovati ad essere contesi e a scegliere infine per Messaggerie che con molto coraggio ha puntato su una casa editrice con solo un progetto ma con zero libri. I “Pacchetti” al momento stanno andando molto bene, la “Kreuzville” un po’ meno perché ovviamente i libri che escono sono tantissimi, ma ci siamo trovati dopo pochi mesi ad avere già un’ottima visibilità, e non tanto perché siamo bravi noi ma perché anche nel momento di maggiore crisi nella storia dell’editoria c’è voglia di queste cose.

Sara Meddi - redattore.

Sara è nata 27 anni fa vicino Roma. Con ostinata tenacia si sta laureando in Lettere classiche alla Sapienza e, sempre con ostinata tenacia, lavora da qualche anno nell'editoria romana. È caporedattrice della rivista La stanza di Virginia.

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