La sintassi dello stile


stileChe significa la parola "stile"? Come la decliniamo, oggi, in un mondo sempre più sgarbato e caciarone? Un'inchiesta semiseria di grande attualità....

 

 

"I significati fanno paura, perché non sono alla portata di chiunque e come tali per nulla democratici."

 

Questo lapidario giudizio fu posto dal gran maestro Maresca a chiusura di una discussione, scatenata da una richiesta di consulenza sull’abbigliamento elegante. Le sentenze del Cavalierato delle Nove Porte sono sempre assai intransigenti: ma l’opinione del gran maestro in questo caso va a toccare un problema affascinante.

 

Al giorno d’oggi l’abbigliamento dell’uomo medio sembra rifarsi ai più classici principi dell’ingegneria. Se tiene caldo e copre l’essenziale, anche uno straccio di jeans sfondato è adeguato. Senza contare che ormai si ragiona solo per macrocategorie: giacca e cravatta sono riservati al lavoro d’ufficio, la camicia è divenuta sinonimo di eleganza (quanti locali si ammantano di esclusività riservando l’ingresso a chi porta la camicia, anche se sotto di essa sfoggia bermuda e infradito?) e le scarpe classiche sono totalmente scomparse da ogni panorama “modaiolo”.

Abbiamo raggiunto un’omologazione quasi perfetta, nella sua monotona sciatteria. E qualcuno ritiene anche opportuno vantarsene.

 

Eppure, nonostante tutto, il codice stilistico dell’abbigliamento non è scomparso. La sua conoscenza non è più un requisito essenziale del gentiluomo; ma chi ha anche solo iniziato a studiarlo si ritrova irresistibilmente attratto dalle sue ramificazioni. Una giacca di un certo taglio, una camicia su misura e un paio di buone scarpe di cuoio possono cambiare completamente l’aspetto di un uomo; gli angoli dei revers, la posizione dei bottoni e la qualità del nodo alla cravatta influenzano l’opinione altrui assai più delle etichette e dei marchi, più o meno prestigiosi che siano.

E se i significati menzionati dai Cavalieri non sono alla portata di tutti, i messaggi ad essi sottesi fanno parte di quella categoria che l’inconscio da sempre è in grado di percepire.

Se un uomo dagli abiti costosi ci fa riflettere sullo spessore del suo portafogli, l’uomo realmente elegante ci lascia solo una vaga impressione di perfetta armonia. La famigerata sprezzatura, inseguita da molti neo-dandy, non è altro che la capacità di generare quell’armonia, senza far minimamente trasparire lo sforzo ad essa sotteso.

A quel punto, ogni variazione diviene elemento caratterizzante. Gli orologi sul polsino di Agnelli, le fibbie slacciate di Ieluzzi, le punte a becco d’oca di Freccia Bestetti spezzano l’armonia, ma allo stesso tempo svelano il loro mondo interiore.

 

Certo, non è più verosimile seguire lo stile dell’ambasciatore inglese presso la Santa Sede, che mostrò il suo spirito innovatore indossando un pantalone a quadretti sotto l’impeccabile tight. Ma al giorno d’oggi può bastare un gilet a due petti, per terrorizzare gli alfieri della mediocrità.

Francesco Masci - Redattore

Classe 1985. Tra un esame di Giurisprudenza e l’altro, crea il sito www.ilsatiro.com, sul quale confluiscono i frutti delle sue ricerche sulla moda. Ha una passione maniacale per la calzoleria di qualità.

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