Editoria: interviste

Fahrenheit 451, il coraggio della qualità

di Sonia Chittaro

 

In un’editoria sempre più tiepida, connivente con i sistemi mediatici che favoriscono “i soliti” noti, ci sono editori che rischiano pur di regalare ai lettori libri belli, e rari. Editori che scommettono ancora sulla voglia di approfondire, di scansare la banalità. Ne parliamo con Giusy Cinardi, uno dei soci fondatori di questa bellissima casa editrice romana…

 

In un paese come il nostro, in cui l’anticultura imperversa, compaiono ancora, qua e là, dei solitari e coraggiosi Montag. Come la casa editrice romana Fahrenheit 451, che ha deciso di fregiarsi del nome di un romanzo che è l’emblema della riscoperta dei libri e del loro valore. Parliamo di una realtà di modeste dimensioni, che ha scelto di puntare sul “poco ma buono”, orientandosi verso una selezione accurata di testi originali. Volumi di alta qualità, che si contraddistinguono per gli sguardi lanciati sul mondo da prospettive inconsuete e destabilizzanti.

 

fotoFahrenheit 451 riprende l’avventura editoriale dopo un periodo di inattività. Torna con una filosofia diversa o riveduta? Avete introdotto cambiamenti significativi nella vostra filosofia gestionale?

Le edizioni Fahrenheit 451 sono nate più di venti anni fa, nel 1992, fondate da Federico Scanni, un caro amico, mio e dei miei due soci, Tullio e Fabio Capocci. Nel 2009 erano oramai un paio d’anni che in effetti la casa editrice era per così dire inattiva. Abbiamo deciso allora, Tullio, Fabio e io, di imbarcarci in questa avventura e di impedire che un marchio come questo e soprattutto un catalogo come quello della Fahrenheit 451 andasse perduto, dimenticato. Ognuno ha messo a disposizione le proprie capacità – io la mia di giornalista, Tullio e Fabio quelle di grafici e tipografi, tutti quella di grandi lettori – e abbiamo prima di tutto cominciato con il riportare nelle librerie i titoli, più di settanta, del catalogo e ci siamo poi rimboccati le maniche per ricominciare a pubblicare. Devo dire però che la filosofia alla base della Fahrenheit 451 è rimasta sempre la stessa, anche perché da noi pienamente condivisa: quella che tu hai definito con il “poco ma buono”. Massimo cinque titoli l’anno, per ora, con l’intenzione di tenere alta sia la qualità dei contenuti, ovviamente, ma anche della fattura e della realizzazione materiale del libro. E soprattutto riuscendo in questo modo, con questa frequenza di pubblicazione, a seguire il libro anche dopo la pubblicazione, nella sua distribuzione e nella promozione. E, aggiungo, a instaurare e con gli autori e con i traduttori e con gli editor un vero rapporto umano. Questa credo sia la nostra forza.

 

Il nome che avete scelto rivela già di per sé il carattere “rivoluzionario” del vostro profilo, e questo è molto apprezzabile. Ma in un’Italia come quella attuale, dove la vita non è facile per i piccoli editori indipendenti, quali strumenti pensate di utilizzare per reggere la pressione del mercato?

Sarebbe sciocco negare che in Italia pubblicare libri sia facile: è davvero rivoluzionario! E con “pubblicare” intendo, come ho detto prima, seguire il libro in tutto il suo cammino editoriale. Quelle che tu chiami pressioni del mercato le conosciamo tutti: l’enorme problema della distribuzione, la pletora di titoli pubblicati ogni giorno (non vorrei sbagliarmi ma siamo poco sotto i duecento al di’) e la conseguente vita brevissima nelle librerie – a fronte, inoltre, di un popolo che legge davvero poco – e una crisi economica che colpisce, è ovvio, anche il nostro settore. L’unico strumento che abbiamo per reggere è la qualità e, come dicevo prima, la volontà di seguire il libro in maniera diversa da come farebbe un grande marchio: non voglio dire in modo migliore, ma semplicemente diverso. Aggiungerei anche, paradossalmente, forse anche un maggiore coraggio nel proporre cose diverse, nel tentare nuove strade, nella sperimentazione insomma.

 

Puntate su un pubblico di nicchia? Quali strategie adottate per farvi conoscere dai potenziali lettori?

Nonostante la nostra casa editrice sia chiaramente connotata, anzi grazie al fatto che la nostra casa editrice sia fortemente connotata posso dire che questo ci porta ad essere più riconoscibili. È certo che vorremmo raggiungere un pubblico il più ampio possibile. Ma è anche vero che ricerchiamo delle nicchie di mercato, un pubblico diverso a cui tentiamo di arrivare pubblicando opere che secondo noi vanno a colmare dei vuoti. Abbiamo in progetto, ad esempio, una collana di teoria del cinema, e ancora delle opere che mettano insieme tecniche diverse: scrittura, disegno, grafica…

 

Avete un blog, partecipate a fiere ed eventi: che valore attribuite al contatto diretto e al dialogo con le persone che vi osservano?

Abbiamo un sito, ovviamente (www.edizionifahrenheit451.it) e abbiamo un blog (http://edizionifahrenheit451.wordpress.com) così come una pagina Facebook e a breve avremo un account Twitter. Siamo certi, del resto, che non sarebbe possibile fare altrimenti e non utilizzare ognuno di questi canali. È vero anche, però, che sono solo strumenti, appunto, e che alla base devono esserci i contenuti e, ripeto, la qualità. Per quanto riguarda le fiere, sono due anni che partecipiamo a quella della Piccola e Media Editoria di Roma, che permette di avere una buona visibilità con il pubblico dei lettori e instaurare tutta una serie di contatti con la gente del settore. Ma non ti nascondo che spesso le spese per questo tipo di eventi sono davvero poco accessibili per un piccolo e medio editore. Organizziamo spesso, infine, presentazioni dei nostri libri anche se cerchiamo di far sì che siano sempre meno presentazioni nel senso classico del termine – autore e critici che parlano dell’opera – e sempre più eventi che possano coinvolgere il pubblico con letture recitate, musica, mostre fotografiche o altro.

 

Le statistiche ufficiali mostrano un incremento significativo nell’acquisto di eBook e nell’utilizzo di dispositivi digitali per la lettura: vi adeguerete a queste tendenze o rimarrete fedeli ai supporti classici?

Anche su questo ripeto quello che ho detto prima: sarebbe sciocco ignorare la questione e liquidare l’ebook “perché tanto non sostituirà mai il libro cartaceo”. Stiamo preparando ebook di diversi nostri libri in catalogo, anche se molti hanno il testo a fronte e questo per ora si perderebbe. Mettiamola così: rimarremo fedeli sempre al supporto classico, la carta, ma andremo avanti anche con il supporto tecnologico, l’ebook.

 

È partita la campagna “Two sides”, che promuove la sostenibilità del cartaceo: aderite ad essa o comunque adottate soluzioni ecocompatibili di qualche tipo all’interno della vostra azienda?

Stiamo studiando i principi alla base della Two Sides e decideremo se aderire o meno. Ovviamente siamo d’accordo con i valori che l’hanno ispirata. Intanto, nel nostro piccolo, cerchiamo di adottare tutti gli strumenti che abbiamo e che possiamo permetterci per essere il più possibile ecocompatibili.

 

Nelle vostre collane compaiono opere inedite o dimenticate di autori come Grazia Deledda, Igor Patruno, José Donoso, Paul Nizan: il repêchage rientra nei vostri principi ispiratori?

Il nostro principio ispiratore è pubblicare ciò che ci piace e ciò che spesso, nella nostra opinione, è stato colpevolmente dimenticato. Quindi in questo senso, con questo significato, ti direi di sì, che il repêchage è uno dei principi alla base della nostra attività. Abbiamo ripreso la pubblicazione della collana i Taschinabili, creata da Gianni Toti, e in collaborazione con Riccardo Reim abbiamo già ri-pubblicato Il Natale del consigliere di Grazia Deledda; prima dell’estate saranno in libreria Gita a Viareggio, un racconto che Dacia Maraini pubblicò per la prima volta nel 1964 e che noi riproponiamo rivisitato dall’autrice, e Il delitto Pasolini: un testimone oculare dello stesso Riccardo Reim. Inutile sottolineare, poi, quanto siamo fieri di aver “ripescato” I tre romanzetti borghesi di José Donoso, libro bellissimo e per la prima volta tradotto in Italia.

 

In passato avete creato la serie Narramérica ed è innegabile la vostra attenzione per la cultura sudamericana, dal momento che in tutte le vostre collane sono presenti parecchi libri di autori argentini, cileni, peruviani… Continua la vostra collaborazione con l’Istituto Italo-Latino Americano di Roma? Come è nata?

La collaborazione con l’IILA è iniziata proprio nel 2009 e continua ancora oggi, con reciproco piacere e soddisfazione. Stiamo lavorando a una antologia di racconti messicani e stiamo già pensando a nuove pubblicazioni. Ci accomuna un amore per i paesi del Sud America, cha come tu hai notato le edizioni Fahrenheit 451 ha dalla fondazione, e per la lingua di quei paesi: ogni libro della collana Narramerica è infatti con il testo originale a fronte ed è frutto di un denso e lungo lavoro di traduzione e revisione.

 

Fra i libri del vostro catalogo ci sono volumi di stampo filosofico-politico, che analizzano precisi eventi della memoria storica italiana: pensate che in qualche modo il passato possa aiutarci a salvare il presente?

Mi verrebbe da dire che più ancora che una convinzione soprattutto in questo momento è una speranza: che una analisi più attenta e obiettiva, anche fatta con gli strumenti della narrativa o della polemica letteraria, degli avvenimenti del passato, anche quello più prossimo, possa essere di stimolo a una sana discussione che abbia come fine il salvataggio, come dici tu, del presente: il recupero di valori e principi sempre più radi, la voglia di un impegno civile che sembra oramai merce sempre più rara. Non vorrei fare del facile qualunquismo, né sembrare banalmente scontata, ma davvero ho l’impressione che ci sia in atto una sorta di imbarbarimento culturale, intendendo per cultura non certo solo quella letteraria ma cultura in senso comprensivo, cultura come pensiero teorico e pratico.

 

Nei Taschinabili e nei Trasversali predominano le forme dei racconti e dei romanzi brevi. Come mai?

Siamo consapevoli che i racconti vendono meno dei romanzi, è innegabile. E anche che siano più difficili da scrivere. Ma siamo anche convinti che invece sia fondamentale che si continui a pubblicarli, anche in riviste, che non si perda come forma letteraria, che si educhi il pubblico a leggerne sempre di più.  Mi viene in mente quanto ha detto una volta Stephen King – grande scrittore di racconti: “Scrivere racconti non è così facile come leggerli [..] eppure, per me, ci sono ben pochi piaceri più squisiti dell’accomodarmi sulla mia poltrona preferita in una serata fredda, con una tazza di tè bollente a portata di mano, ascoltando il vento che soffia fuori e leggendo una bella storia che posso completare in una seduta sola”. E una cosa simile la diceva anche Carver, aggiungendo, parafraso a memoria, che un racconto è riuscito se quando hai finito di leggerlo chiudi il libro e te ne rimani lì qualche minuto ancora rapito a pensarci su.

 

Per l’Onu, l’Italia occupa il penultimo posto tra i paesi europei sul tema dell’equiparazione di genere. L’immagine della donna vincente, qui da noi, è un prototipo svilito e mercificato. A dispetto di ciò, i dati raccolti dall’AIE dimostrano che il numero di donne lettrici è significativamente maggiore di quello degli uomini, e che stanno aumentando le quote rosa nel settore editoriale. Che opinione avete in proposito? È nei vostri progetti valorizzare in qualche modo la figura femminile?

Ti rispondo dicendoti che io sono una donna, leggo molto e ho una (parte di una) casa editrice! Ma anche in questo caso vogliamo che la scelta stessa delle cose che pubblichiamo mostri quello che pensiamo, anche della figura femminile, così come di ogni altro argomento. È questo l’unico modo che conosciamo per valorizzare la figura femminile: mostrare con i fatti quello che è per noi.

 

Come fate a scovare libri stranieri così particolari, come ad esempio l’originalissimo cinese La cetra intarsiata?

Per questo titolo in particolare dovresti rivolgere la domanda al vecchio proprietario, visto che ancora non eravamo noi la Fahrenheit 451, posso però dirti che tutto nasce da una continua ricerca, da una attenzione sempre viva a ciò che ci sta attorno, vicino e lontano, e, devo ammetterlo, anche da una buona dose di caso e coincidenze.

 

Esportate anche all’estero alcuni titoli o pensate di allargare il vostro target, per esempio traducendo libri italiani in altre lingue?

Per ora non abbiamo ancora portato all’estero nessuno dei nostri titoli, ma devo dirti che è una delle cose di cui spesso parliamo. È che le cose da fare sarebbero tantissime e nella maggior parte dei casi bellissime e molto interessanti. Ci vorrebbero forse più mezzi, più supporto anche da parte dello stato…e giornate di quarantotto ore!

 

Vivere in mezzo ai libri

di Francesca Pacini

 

Vittorio Graziani ha realizzato il suo sogno: stare sempre in mezzo ai libri. Lavora come responsabile della letteratura nella libreria Feltrinelli Duomo, a Milano. Con lui parliamo di editoria ai tempi della crisi. Ma anche della bellezza di un mestiere, quello del libraio, che non smette mai di affascinare….

 

vittorio-grazianiVittorio, partiamo dal tuo percorso nel mondo dell'editoria. Come e quando è iniziato?

Ho cominciato seguendo un corso per redattori in casa editrice nel 2002 a Roma. Dopo il corso ho fatto uno stage presso la casa editrice Arcana, finito il quale sono stato stato assunto come responsabile ufficio stampa per la Castelvecchi editore. Sono rimasto lì per quattro anni, dopodiché è cominciata la mia "avventura" libraria. Prima responsabile editoriale presso Fnac Roma e poi responsabile letteratura in Feltrinelli Duomo.

 

La libreria ieri e di oggi. Quali le differenze sostanziali?

Si potrebbe scrivere un libro di non so quante pagine per spiegare bene l'evoluzione delle librerie nel corso di questi ultimi anni. Sintetizzando: la rivoluzione è cominciata grazie a Giangiacomo Feltrinelli a cavallo tra gli anni '50 e gli anni '60. Lui aveva un'idea altra di libreria - più commerciale, più accessibile, più intuitiva - che all'epoca destò molto scalpore. Nel corso degli anni questo cammino è andato avanti e si è arrivati alla dicotomia grandi e piccole librerie. Soprattutto con l'avvento dei megastore questa distanza si è acuita - accompagnata anche da un paesaggio commerciale profondamente cambiato. La differenza è data soprattutto dalla grandezza appunto, che porta dietro di sé una serie di conseguenze: nelle librerie di catena si ha una maggiore specializzazione dei reparti, una parziale centralizzazione degli ordini, maggiore assortimento, più promozioni, più attenzione al merchandising e dunque un variegato rapporto con il cliente. La piccol libreria è rimasta uguale a sé stessa e nel corso degli anni ha dovuto cedere il passo, non favorita anche da quella che è una scandalosa legge che regolamenta gli sconti, che a mio parere scontenta tutti.

 

Come dovrebbe essere, secondo te, la libreria dei sogni? La migliore possibile?

Dovrebbe garantire al cliente un'esperienza. Un'esperienza dovrebbe essere il rapporto con il libraio. Un'esperienza dovrebbero essere gli incontri che il libraio organizza. Un'esperienza l'atmosfera che si respira. Dunque librai competenti, che abbiano strettissimi rapporti con le case editrici e gli autori. E che sia bella accogliente, calda, quale che sia la grandezza e che magari abbia anche un bel nome…


Molte librerie, oggi, stanno chiudendo. A Roma come a Milano. Nei piccoli centri. Dati allarmanti. Come fare per scongiurare il pericolo della scomparsa di molte fra loro?

Bisogna ricercare qualità e idee. Per qualità intendo centri di eccellenza. Il libraio deve essere sempre più bravo e bravo in tutte le direzioni. Altrimenti libro elettronico, amazon e compagnia distruggeranno tutto. Cosa non hanno i siti? L'incontro, la relazione, il consiglio, la competenza. Il libraio deve sempre più garantire tutto questo. La qualità, l'eccellenza paga.Anche l'idea  deve avere questa ratio di fondo. Molte librerie ad esempio accostano alle librerie il food, bella idea, ma deve essere di grande qualità, altrimenti non paga.

 

Ci racconti la tua giornata in libreria? Aneddoti, curiosità, e routine.

La priorità è data dalla sistemazione e dalla programmazione della giornata. Noi entriamo due ore prima dell'apertura per sistemare la libreria. Quelle due ore sono preziosissime - oltre che splendide alcune volte -  per svolgere tutti quei lavori che prevedono spostamenti rilevanti quali la disposizione delle novità e delle campagne. Una volta aperti la priorità è il servizio al cliente, che in una libreria come la nostra non ha mai pause. C'è sempre una persona al servizio che serve il cliente o gli indica i punti dove può cercare un libro.

Io da responsabile quotidianamente mi stacco per analizzare il venduto e per fare gli ordini. Sempre nel corso della giornata - negli orari con meno flusso - si procede al rifornimento. A fine giornata si programma quelle che saranno le attività (sistemazione delle novità e proposte) del giorno dopo. Si tratta di un lavoro faticoso fisicamente e mentalmente. Un equilibrio perfetto di sforzo fisico e mentale. Aneddoti, a migliaia. Quello che a me ha sempre entusiasmato? Il cliente che ne sa più di me, che mi consiglia i libri da leggere e che poi in libreria diventano i libri da consigliare. Oppure quello che viene una volta all'anno, a Natale, ti cerca e ti dice: l'anno scorso mi hai fatto fare un figurone sotto l'albero con zie, ziette e nonni, dammi una decina di libri anche quest'anno e raccontami a grandi linee di cosa parlano. Io glieli do, lui scrive un po' di appunti per ognuno, mi abbraccia e se ne va. Non prima di avermi detto: ho fatto 100 km per tornare da te, altro che Amazon...

 

Immagina che entriamo da te in questo momento. E ti chiediamo un consiglio su un libro. Cosa ci suggerisci? Vorremmo un saggio e un romanzo!

Come romanzo non c'è partita: Stoner di John Williams, edito da Fazi. Capolavoro assoluto, dimenticato per non so quanti anni. Un libro che racconta l'uomo e il suo essere nel mondo. Fra cinquant'anni si continuerà a parlare di questo libro. Come saggio consiglio Il manoscritto di Stephen Greenblat, edito da Rizzoli. Racconta del ritrovamento del De rerum natura di Lucrezio, e di come questo testo abbia profondamente cambiato il pensiero occidentale e il rapporto con la religione. Libro superbo.

Di amori e altre faccende

di Antonella Sgueglia

 

 

Simona Sparaco è un’autrice che scrive di storie d’amore. Ma lo fa in modo non banale, cercando di tracciare profili solidi, credibili, che narrano di disagi, tensioni, eterne ricerche….

 

 

sparacoCiao Simona, hai pubblicato prima Anime di carta, poi Bastardi senza amore, in seguito Lovebook e Lovebook – Il teorema del tempo perso, da pochi mesi Nessuno sa di noi. Ognuno tocca individui differenti, una donna, una bambina, un uomo, tutti con la medesima mancanza e fragilità. Quanto conta l’amore nella vita delle persone?

 

L’amore è il motore di tutto. I miei romanzi sono viaggi nelle relazioni e nei sentimenti, quando scrivo mi lascio guidare dall’istinto e dall’ispirazione del momento.



In Lovebook, l’amore sboccia presto, a otto anni, per poi ritornare in seguito a una delusione con lo storico fidanzato. Nel caso di Solidea, la protagonista, il destino viene un po’ forzato dalla voluta ricerca su facebook. Ritieni che siamo noi stessi artefici del nostro futuro o vi sono barriere contro cui nulla è possibile?

 

Siamo noi gli artefici del nostro destino, e oggi abbiamo molti più strumenti rispetto al passato per rincorrere i nostri sogni e realizzare i nostri progetti. Dai mezzi di comunicazione a quelli di trasporto, quello che nell’Ottocento era impensabile, adesso è possibile.



Credi che per l’uomo sia più semplice affrontare il lutto di un figlio mai nato, che non ha sentito muovere dentro di sé o dipende dall’emotività soggettiva?

Non è tanto il genere di appartenenza, quanto la sensibilità, a mio avviso, che fa la differenza.



In questo tuo ultimo romanzo, la protagonista convive sin da piccola con il vuoto dell’assenza. La perdita del padre, la mancanza della madre e, per finire, l’interruzione di gravidanza. Dove può trovare la forza per andare avanti e credere alla bellezza della vita?

È un percorso lungo e doloroso. Ci ho messo quasi due anni e più di duecento pagine per renderlo credibile. Luce deve ricostruire se stessa, ripartendo dal nulla, ed entrare a patti con i suoi limiti e il suo senso di inadeguatezza. Ma non è sola.



In casi come Luce e Pietro, come possono ritrovare due coniugi la purezza dell’amore iniziale e superare il momento che sembra richiedere una rottura obbligata per cancellare tutto?

Nella realtà questi drammi dividono più spesso di quanto uniscano. La scommessa del mio romanzo era tutta qui: nel racconto di un amore che attraversa l’inferno con la speranza di rimanere illeso. Luce e Pietro riescono a mantenere la giusta distanza.

 

Uno spazio da sogno. Di carta.

di Barbara Colocci

 

Tiziana  gestisce una libreria dal nome molto evocativo: Il Mercante di storie. Si trova a Osimo, nella provincia marchigiana. Un luogo in cui i racconti narrati nei libri si incrociano con quelli dei clienti…

 

il-mercante-di-storieIl mercante di storie, un nome bellissimo. Come ti è venuta questa idea? E quella della libreria?

Il nome in realtà, è venuto a mio marito, lui è molto bravo in questo. Ci ha pensato un po’ e poi eccolo! Per quanto riguarda la libreria, invece, era dai tempi di Siena, lì ho frequentato l’università, che mi girava per la testa. Ma sai sembrava un miraggio, discorsi fatti tra studenti in cui ci si propone di stare insieme anche dopo l’università, aprire un locale, un bar, una libreria. Poi la vita mi ha portata nelle Marche, dove mio marito è stato trasferito per lavoro. Ho trovato un lavoro anche io, ma quando dopo due anni sono rimasta incinta, mi hanno subito mandata in maternità. Non essendo abituata a non fare nulla, appena mi si è presentata la possibilità l’ho colta al volo! Un piccolo locale su due piani, con il soffitto affrescato, in centro, anche se non centralissimo mi è sembrato il posto ideale. E così il 25 ottobre del 2008 ho inaugurato e mi sono lasciata travolgere da questa folle impresa. Ovviamente ho lasciato il lavoro a tempo indeterminato, mi sono licenziata.

 

 

Fare libri oggi, una sfida continua. tu come la vivi?

Sono consapevole che il mondo dei libri non sia facile, Come dici tu è una sfida continua. Ogni giorno si combatte. Si combatte contro le catene che fanno offerte sfacciate e che io non posso permettermi. Io acquisto i libri con un banalissimo sconto del 25%, come posso fare il 15, il 20??? Si combatte contro la crisi, che ovviamente porta le persone a fare delle scelte. Si combatte perché quello in cui lavoro è un centro storico e come tutti i centri storici vive un momento difficile. Ci sono giorni in cui penso che la gente si sia dimenticata di questo incantevole paese che è Osimo. Ma penso anche che tutto stia per cambiare, che la gente presto tornerà a riscoprire  le cose semplici, le città, i parchi, i libri, abbandonando quello che è lo stile di vita condotto finora. È triste vedere la domenica pomeriggio la gente nei centri commerciali. L’ultimo libro di Mauro Corona si apre con una frase di Susan Ertz  che mi sembra davvero bella: ” Sono milioni quelli che desiderano l’immortalità e poi non sanno che fare la domenica pomeriggio se piove”. La gente ha perso tanto e bisogna aiutarla a riscoprire cosa gli manca. La domenica pomeriggio la libreria è quasi sempre aperta, ci sono incontri, laboratori per i bambini. Certo non sono in tantissimi a partecipare, ma presto lo saranno!

 

 

 

Chi sono i tuoi clienti abituali? Come coltivi il rapporto con loro?

I miei clienti abituali sono di diversi tipi. In primo luogo i bambini e i ragazzi. Ho un vasto settore dedicato a loro. Contro tutte le statistiche e gli studi  su quanto spazio dedicare ad ogni settore, ho scelto di dargli molta importanza e ho avuto ragione.  Poi ci sono i grandi lettori, quelli che mi ordinano i libri e aspettano con pazienza che arrivino, che leggono autori impegnati o di nicchia. Ci sono quelli che guardano le classifiche o i programmi televisivi dove i libi vengono presentati e si fidano cecamente. Ci sono quelli che non hanno la più pallida idea e si affidano a me. Per fortuna va quasi sempre bene.

 

Che criteri scegli per esporre i libri? come sai, spesso negli scaffali in vista si trovano solo “i soliti noti”…

Diciamo ce il tempo è sempre poco, dedicarsi all’esposizione è importantissimo ma difficile. Parto dal presupposto che” i soliti noti” la gente li chiede, i libri belli ma meno noti devono essere messi in evidenza. Un po’ come è successo per le “50 sfumature”, le tenevo nell’ultimo ripiano, a terra praticamente,  ma nessuno ci ha fatto caso. Chiedevano.

 

Quali sono i libri che hanno segnato delle svolte nella tua vita?

Devo dirti che la mia passione per la lettura è nata tardi. Ho avuto una bellissima infanzia, ma non ricordo nemmeno un libro in camera mia. Un paese piccolo, senza una libreria né una biblioteca. Sicuramente senza la cultura del libro. Avevo  tanti giochi, ma nemmeno un libro. All’università la mi a compagna di casa aveva letto Shining di King, quello è stato il mio primo libro. Ho poi abbandonato quel genere che mi provocava notti inquiete e, come tanti mi sono innamorata di Marquez, Cent'anni di solitudine  è stato il primo libro che ho letto di lui, poi Pennac, un po’  un classico.

 

Mi racconti qualche episodio, accaduto nella tua libreria, che ti è rimasto impresso?

Ma adesso non saprei, sicuramente accadono tante piccole cose che ti fanno riflettere, altre che ti fanno sorridere, gente che entra pensando di essere in una  libreria commerciale e di trovare pile dell’ultimo in classifica e ovviamente con lo sconto e va via stizzito e senza comprare nulla. Turisti che rimangono estasiati, si guardano intorno e non la smettono di farti i complimenti, genitori che non hanno mai letto un libro e che lo dicono con chiarezza, ma che acquistano vagonate di libri per i propri figli, che regalano libri a tutti gli amici. La gente è strana, ma è bello averci a che fare.

A volo D’Angelo fra i libri Avagliano

di Marina Brunetti

 

 

 

daniela-d-angeloDaniela D’Angelo dirige la casa editrice Avagliano. È una donna determinata, che segue con la stessa cura ogni fase del processo editoriale, dal rapporto con l’autore alla consegna del Pdf per la tipografia. Perché fare libri è difficile, e lei lo sa.  Specie se questi libri sono lontani dalle  tentazioni dei best seller anglosassoni o dalla firma di qualche protagonista mediatico che affollano le librerie ma affondano le buone letture. La strada di Avagliano è tutta centrata sulla qualità di un progetto editoriale preciso. Un progetto combattivo, determinato a mantenere alto il livello della saggistica e della letteratura, consapevole che la custodia della memoria, ad esempio, è uno dei mezzi per ostacolare l’imbarbarimento che sta caratterizzando la nostra società. Ce lo racconta lei stessa, questo progetto, con la solita, calda accoglienza che la contraddistingue….

 

 

 

A chi sono dirette, in particolare, le collane? Che tipologia di lettore vi ricorre?

Il lettore di Avagliano non è uno ma sono tanti, tutti diversi. Le nostre collane offrono a tutti la possibilità di scegliere e di trovare il libro più adatto. Alle fiere e agli eventi incontriamo i nostri lettori e chiacchieriamo con loro, molti ci scrivono, insomma, abbiamo un contatto costante e diretto, sappiamo che il nostro lettore è colto e curioso, ha piacere ad avere sotto gli occhi un testo curato da tutti i punti di vista, redazionale, grafico, tipografico, è un lettore a volte giovane, a volte meno giovane, che ama la fiction e la saggistica, i classici, il memoir,  la narrativa contemporanea, che cerca l'approfondimento, che ama leggere e parlare di ciò che legge. Tra i nostri lettori ci sono molti studenti. Molti libri hanno accompagnato una vita intera.


C'è un libro che lei avrebbe voluto scrivere?

Piuttosto sono parecchi i libri che mi piacerebbe aver già letto.

 

Un libro che l’ha guidata in modo particolare?

Non ho un libro guida. Nel mio lavoro  mi guida una combinazione di istinto e metodo, di fiuto e mestiere, di esperienza e cuore. Nella vita, lo stesso.


La Avagliano promuove anche un nuovo modo di fare scuola, mediante l'insegnamento con libri digitali; ci può spiegare brevemente come sono
sviluppati questi software innovativi e qual è la loro efficacia, integrata nei programmi scolastici tradizionali?

Avagliano è una casa editrice al passo con i tempi. Ad una consolidata esperienza in campo editoriale ha unito una profonda attenzione verso il mondo dei giovani e delle scuole. La formazione, da ora in poi, passa per il digitale: il progetto Avagliano iSchool propone una didattica tecnologicamente avanzata, affascinante e efficace. Non si tratta di semplici libri digitali ma di veri e propri scenari interattivi dove ad una lezione dinamica sono associati esercizi con varianti e possibilità molteplici per l'insegnate e per lo studente. Condivisione, gioco, apprendimento interattivo, creatività, nuovi linguaggi possono fare finalmente della scuola un luogo piacevole in cui stare, non necessariamente un luogo fisico, tra l'altro.


La Avagliano Editore si occupa, in particolare, di repêchage letterario, di opere inedite di autori conosciuti e di manoscritti di giovani esordienti; a
questo proposito, quali requisiti deve soddisfare lo scritto di un emergente per essere pubblicato dalla loro casa editrice?

Qualità letteraria e esigenze di mercato. Deve unitamente possedere queste caratteristiche. Non è facile. Personalmente prediligo romanzi non consolatori, le storie che ti fanno fare un balzo, che corrompono qualche certezza dentro di te, che mi fanno vedere qualcosa che non ho ancora visto, di me stessa e del mondo.


C'è un libro, tra quelli di questi giovani scrittori, che l'ha colpita in modo particolare?

Mi ha colpito L'estate di Camerina perché l'autore è giovane ma ha una raffinatezza e una maturità impressionati. Mi ha colpito Oltre il vasto oceano, un libro di prossima pubblicazione, immenso e bellissimo, grande consapevolezza del narrare da parte della scrittrice che affronta la storia della sua famiglia, una famiglia aristocratica con cui si trova a vivere perennemente in viaggio. E contemporaneamente, questo libro, ci lascia un ritratto di Palermo pieno di storia e di riflessioni importanti. Mi colpisce la dolcezza e la violenza di Serena Frediani che con Memorie dall'innocenza è già al secondo libro (è vincitrice, tra l'altro, di una delle edizioni del "Premio Nanà: nuovi scrittori per l'Europa"). Mi è piaciuto Il figlio del figlio di Marco Balzano, una storia al maschile, che è arrivata fino in Germania. Mi è piaciuto Il talento della malattia, di Alessandro Moscè, la storia commovente e vera di un bambino malato che fa della sua passione per il calcio lo strumento per vincere la malattia.


Lei condivide il pensiero secondo cui un libro non vada semplicemente letto, ma interpretato?

Durante la lettura rileggiamo con il nostro sguardo e "viziamo" quello che stiamo leggendo. Nel momento in cui il lettore legge, sta già leggendo qualcosa di diverso rispetto a ciò che lo scrittore ha scritto. Tutto partecipa a questo processo di continua riscrittura. Ogni nostro gesto, ogni parola, ogni ricordo è quello che è ed è diverso da sé, dipende dall'interpretazione. Nulla di più approssimativo del "nero su bianco" che spesso invece associamo all'idea di certificato, di certo: lo stesso libro cambia a seconda che lo abbiamo letto da adolescenti o da adulti. Nell'azione stessa dello scrivere, poi, c'è un atto di tradimento. Ma questo è già un altro discorso...


Se dovesse associare, alla Avagliano Editore, una parola-chiave in cui buona parte dei lettori possa riconoscersi, quale sceglierebbe?

Non so, forse a questa domanda dovrebbero rispondere i lettori.  Potrei dire, magari, che la nostra parola chiave è Bellezza. Oppure Libertà. Ma rischio di sembrare retorica, lo so. Mi piace la parola Persone, oppure Storie, come quelle delle Mille e una notte che filano una narrazione dietro l'altra per allontanare la morte. Scendendo dal tappeto volante e tornando con i piedi per terra, il nostro pay off dice "Leggere il passato, scrivere il futuro": ecco due parole chiave, passato e futuro. E quindi la memoria, da un lato, e l'orizzonte verso cui guardiamo, dall'altro, sono le parole attraverso cui viene identificato il nostro lavoro. Dopotutto, non è questo il nostro presente, e non siamo questo noi stessi, una combinazione di passato e futuro, il sentimento dell'uno e la voglia dell'altro?

 

Qual è la linea editoriale di Avagliano, quali i prossimi passi nel tempo?

La linea meridionalistica ha fondato l'identità della casa editrice ma poi, nel tempo, il respiro si è fatto più ampio. L e nostre collane abbracciano molti progetti. Da sempre ci occupiamo di  repêchage, di narrativa contemporanea, di critica letteraria. Ci interessa, come dicevo prima, anche l'editoria scolastica digitale, è la nostra recente conquista, maturata alla luce di una lunga esperienza nel campo dell'editoria tradizionale.

La crisi dell'editoria. Cosa ne pensa? Come combatterla?

La crisi dell'editoria è la crisi di un paese che sprofonda nell'ignoranza, nello smarrimento, nella povertà. Si combatte con politiche adeguate, favorendo la lettura, incentivando la scuola. La crisi dell'editoria si combatte risolvendo la crisi del lavoro e della formazione; tutte le crisi si combattono con la cultura, puntando alla qualità dell'offerta e dei progetti.  Strumenti di riflessione e di arricchimento, per esercitare il pensiero e l'ascolto, possono renderci persone migliori. Sembra impensabile che non si voglia davvero un paese di gente libera, consapevole, felice.

 

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Coltiva la passione per l’arte fin dall’adolescenza; nel corso degli anni, ha ottenuto numerosi riconoscimenti...Read more >>
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