Dalla parte di Gregor


img“Uscirono dall’appartamento tutti e tre insieme, dopo mesi e mesi che non l’avevano più fatto, e andarono col tram fuori città, in aperta campagna. La vettura in cui si trovavano soli era tutta illuminata dai caldi raggi del sole. Comodamente seduti sui loro sedili discussero le future prospettive, e risultò che, a guardarli bene, non erano affatto malvagie, perché tutti e tre i lavori, di cui non avevano mai parlato tra loro, erano vantaggiosi offrivano possibilità di miglioramento. Il miglioramento più grosso e immediato si sarebbe conseguito comprando casa; avrebbero preso un appartamento più piccolo e più a buon mercato, ma ubicato meglio e più pratico dell’attuale che era stato scelto da Gregor. Mentre conversavano, il signore e la signora Samsa notarono quasi nello stesso istante, osservando la figlia che si faceva sempre più vivace, come, negli ultimi tempi, - malgrado tutte le pene che le avevano scolorito le guance - fosse sbocciata trasformandosi in una bella e florida ragazza. Più silenziosi e con sguardi d’intesa quasi involontari, pensarono che fosse ormai tempo di trovarle un bravo marito. E fu come una conferma dei loro nuovi propositi, che alla fine del tragitto la figlia si alzasse per prima stirando il suo giovane corpo.”

Tre lavori soddisfacenti, una figlia in età da marito, la prospettiva di una casa in centro: gli ingredienti del più moderno “...e vissero felici e contenti”, un finale fiabesco che però fissato nel contesto de “Le metamorfosi” non lascia quel senso di gioia, la certezza che ogni cosa alla fine trovi sempre il modo di andare nel verso giusto.

L’ideale borghese in cui si trovano proiettati i Samsa comporta una stretta al cuore, che non ha niente a che vedere con la speranza in un Mondo migliore. Non è poi stato davvero superato alcun ostacolo, non è stato sconfitta alcuna Matrigna. Si è solo aspettata una morte, che un intralcio, una deviazione di percorso, decidesse finalmente di togliersi di torno. Iniziare dalla fine mi sembra il modo migliore per sottolineare lo sgomento che ho provato durante tutta la lunghezza del racconto.

Perché io, sinceramente, non mi sento affatto rincuorata dalle belle prospettive del futuro.

Manca la vera miccia, colui che con la sua “malattia” ha permesso che la famiglia Samsa avesse, per la prima volta, degli obiettivi e che li perseguisse contando sulle proprie forze.

In questo finale, Gregor Samsa dov’è?

“<< Morto? >> disse la signora Samsa guardando interrogativamente la serva, sebbene potesse osservare tutto da sola e accertarsene anche senza bisogno di controlli. << Vorrei ben dire >>, disse la serva e per dimostrarlo spinse con la scopa il cadavere di Gregor. La signora Samsa fece un gesto come se volesse trattenere la scopa, ma si fermò prima. << Ora >>, disse il signor Samsa, << possiamo ringraziare Iddio>>. “

Ma conviene che io proceda con ordine, anche se mi preme, soprattutto nei confronti di chi si fosse distratto in questi ultimi cento anni e non avesse letto una delle pietre miliari della Storia della letteratura, fissare delle idee ben precise: il protagonista muore e per questo la sua famiglia avrà un lieto fine pieno di nuove speranze.

Questo non è un racconto per cuori deboli.

Gregor è un commesso viaggiatore, che lavora più del doppio dei suoi colleghi per poter pagare i debiti del padre, per far vivere la sua famiglia in una grossa casa, con cuoca e servitù e, più di tutto, per poter mandare sua sorella al Conservatorio dove potrà diventare una grande violinista. Gregor, volendo riassumere, fa una vita che odia, un lavoro che odia per amore della famiglia.

Tre vite dipendono da lui e lui lo sa, sbagliare non è contemplato.

Ma, se fosse stato tutto così semplice, non avremmo mai ricordato Kafka per “Le metamorfosi”.

Gregor “[...] si risvegliò una mattina da sogni tormentosi si ritrovò nel suo letto trasformato in un insetto gigantesco: giaceva sulla schiena dura come una corazza e sollevando un poco il capo, poteva vedere la sua pancia convessa, color marrone, suddivisa in grosse scaglie ricurve; sulla cima la coperta pronta a scivolar via, si reggeva appena. Le sue numerose zampe, pietosamente esili se paragonate alle sue dimensioni, gli tremolavano disperate davanti agli occhi.

“Che cosa mi è successo?”, pensò. Non era un sogno. La sua stanza, una vera stanza - sia pure piccola - per esseri umani, era tranquillamente racchiusa tra le quattro pareti così familiari.”

Gregor, una mattina, apre gli occhi e si ritrova ad avere delle sembianze animalesche. Gregor, una mattina, apre gli occhi e di colpo non può più supportare economicamente la sua famiglia; non può occuparsi di loro perché ora non è in grado di occuparsi nemmeno di se stesso. Nonostante gli evidenti sintomi di un cambiamento che rendono anche il camminare una vera sfida, il giovane trova comunque la forza di rassicurare, con un discorso disorganizzato, la famiglia ed il suo procuratore, venuto per richiamarlo al senso del dovere... in fondo sono le sette e il lavoro lo reclama:

“<<Apro subito, immediatamente. Una piccola indisposizione, un capogiro mi hanno impedito di alzarmi. Sono ancora a letto. Oramai mi sono ripreso completamente. Sto scendendo dal letto. Solo un momentino di pazienza! Non va ancora tanto bene, come pensavo. Ma sto già meglio. Come possono capitare certe cose tra capo e collo! Ieri sera stavo ancora bene, i miei genitori lo sanno, o per essere più precisi già ieri sera ho avuto una lieve premonizione. Avrebbero dovuto notarla. Perché non ho avvisato la ditta! Ma si spera sempre di poter superare la malattia senza doversene stare a casa. Signor procuratore! Abbia riguardo per i miei genitori! Tutti i rimproveri che lei mi sta facendo non sono fondati [...]>>”.

Gregor è un insetto, sa di esserlo, sente cambiare i suoi gusti riguardo al cibo, si diverte a percorrere in lungo e largo la sua stanza, ama il buio e la sensazione di protezione data dal nascondersi dietro gli oggetti, eppure non è spaventato. Non ha ansia, angoscia che riguardi la sua trasformazione. Ieri era un uomo qualsiasi e oggi una sorta di blatta, ma questo non rappresenta alcun motivo di sgomento. La famiglia, ecco cosa lo preoccupa. Non può guardarli mentre rabbrividiscono alla sua vista, non può sentirli mentre ne parlano come se non fosse presente, non può comprendere il fatto che per la prima volta, dopo anni, si trovi ad avere lui bisogno di loro. Gregor ha perso il suo motivo di esistere, la sua effettiva utilità nella famiglia. Perché non era altro che questo, la sicurezza di avere una vita agiata.

La trasformazione, per giunta incontrovertibile, è un punto di svolta. Gregor rimarrà un insetto, non ci possono essere incantesimi, né baci del vero amore che lo riporteranno a camminare su due piedi.

Basta con queste sciocche fantasie, siamo realisti!

La “malattia”, oltre a sconquassare l’universo di Gregor, mette la famiglia Samsa avanti ad una decisione, quella di provvedere a loro stessi con le proprie forze:

“Ora tutto si svolgeva in maniera piuttosto silenziosa [...] la mamma cuciva biancheria elegante per un negozio di mode, piegata in avanti sotto la luce; la sorella, che aveva trovato un posto di commessa, studiava la sera stenografia e francese, per migliorare la sua posizione [...]. Per una forma di cocciutaggine il padre si rifiutava di togliersi la divisa di uscire quando stava in casa [..] egli sonnecchiava al suo posto, completamente vestito, come se fosse sempre in servizio in attesa di ricevere ordini dai suoi superiori.”

Ma doveva essere davvero questa tragedia a far aprire gli occhi all’intera famiglia? Gregor doveva avere questo “crollo” fisico per poter essere aiutato nel loro sostentamento quotidiano? Nessuno si era accorto prima della vita e dei sacrifici fatti da Gregor per mantenere casa, servitù e tenore di vita? Sembrerebbe proprio di no, perché queste riflessioni, parlandoci chiaramente, non convengono a nessuno. E conviene ancor meno mantenere un insetto in casa. Le azioni passate non hanno alcuna rilevanza. Gregor è cambiato, è un mostro che non ha alcuna utilità, quindi perché continuare a considerarlo parte della famiglia? Un mostro rimane tale anche con i migliori propositi.

“<< Via, deve andarsene via>>, urlò la sorella, << è l’unico sistema, papà. Devi solo cercare di liberarti dal pensiero che lui sia Gregor. La nostra disgrazia è di averlo creduto per troppo tempo. Ma come potrebbe essere Gregor? Se fosse stato Gregor si sarebbe già reso conto che la convivenza di esseri umani con una bestia simile non è possibile e se ne sarebbe andato spontaneamente.”

E dove sarebbe potuto andare? Gregor è un mostro agli occhi dei propri familiari, un peso, qualcosa che fa rabbrividire solo alla vista, qualcosa da sigillare dietro ad una porta, al divano sotto cui si stendeva per non farsi vedere, e nonostante tutto il solo pensiero di averlo in casa sembrava essere fin troppo. Secondo la visione di Nabokov, famoso entomologo, la descrizione fatta da Kafka sul nuovo corpo di Gregor è affiancabile ad un tipo di scarabeo sacro in grado di volare via dalla famiglia ogni volta che la serva apriva la finestra; ma se nelle mura domestiche non riceveva alcuna pietà, allora dove?

E allora perché noi, invece, ci affezioniamo così tanto ad un insetto, se poi, di norma urliamo e rabbrividiamo alla sua vista? Una parola: Kafka.

Kafka non ci ha mai fatto smettere, nemmeno per un momento, di sentirlo come un essere umano intrappolato in una corazza, un uomo che non dispera della sua condizione di diverso, ma che è dilaniato dagli occhi di chi lo circonda. Gregor è in pace con se stesso e col suo nuovo corpo, mentre gli abitanti della casa non fanno altro che ricordargli che è una bestia.

C’è un punto del racconto in cui l’autore cerca di proteggerlo per la prima volta dalle accuse di bestialità, in cui allontana noi e lui stesso dal pensiero che possa esserci davvero qualcosa di diverso in Gregor, qualcosa di così poco accettabile.

“Era davvero una bestia se la musica l’afferrava come se potesse indicargli la strada per raggiungere un nutrimento ignoto e bramato? Era deciso a spingersi ancora più avanti verso la sorella, a tirarla per la sottana facendole intendere di venire col violino nella sua stanza, lì nessuno apprezzava la sua musica quanto lui. [...] si sarebbe seduta sul divano accanto a lui ed egli le avrebbe confidato all’orecchio di aver avuto la ferma intenzione di mandarla al Conservatorio.”

La musica lo attrae, lo attrae di più di tutti gli ospiti presenti nel salotto... ma ciò che lo rende assolutamente incline ad apprezzarla è il fatto che a suonarla sia sua sorella. La stessa persona che perderà qualsiasi tipo di sentimento umano nei suoi confronti e che lo porterà alla rinuncia di continuare a vivere. Ma allora la musica, l’affetto snaturato per la famiglia... non lo rendono ancora umano? Non lo rendono ancora Gregor?

Non andare oltre l’apparenza è un sintomo della noncuranza propria della modernità. L’inabilità è il passaporto per non aver alcun altro valore, se non quello di peso. L’essere fatto da scaglie, l’abbrutimento sono il trampolino di partenza per l’esser tacciato di non provare alcun tipo di sentimento umano.

Ma io, ma noi che leggiamo “Le metamorfosi”, nonostante figli di questa modernità e dell’apparenza, non possiamo che essere dalla parte di Gregor.

Teresa Merone -

"Nata e cresciuta in una famiglia di artisti, padre pittore e madre pianista.

Non so dipingere né suonare.

Io scrivo e leggo, leggo e scrivo.

Ho una smodata passione per il giallo, cosa che probabilmente Freud imputerebbe all’incestuoso amore per mio padre. Detesto le acciughe e i capperi, la verdura tra i denti, il mio “doppio mento”. Amo, invece, il caffè, avere sempre un’opinione e le mani calde. Le mie parole preferite sono “quinquennio” e “quisquilia” che ogni tanto ripeto nella mia testa per calmarmi, nei momenti di forte stress. Ho conseguito la laurea triennale in Lingue, Lettere e Culture comparate presso l’Orientale di Napoli ed è proprio lì che ho cominciato a rimuginare sull’idea che non ci può essere vera amicizia se, al bar, si divide il costo del caffè. I miei difetti sono deliziosi, davvero: gesticolo animatamente anche per spiegare una cosa, in sostanza, triste, credo di avere sempre ragione e sono una portatrice sana di ansia e di sciagure. Ho anche degli aspetti positivi, ma non ne ricordo nessuno. Ma sicuramente li ho, da qualche parte."

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